Franco
Asco - Atschko (1903 - 1970)
Cenni biografici
Data ultimo
aggiornamento Maggio 2022
Franco Asco nacque a Trieste il 1 giugno 1903.
Ebbe vita avventurosa.
Franco Asco, prima dell'italianizzazione del
suo nome, avvenuta ai sensi di un Decreto Ministeriale, in data 19 luglio
1929, si chiamava Francesco Atschko e vantava, per parte della madre Giovanna, una
discendenza d'origini polacche. Asco solo in età adulta e per proprio
conto, venne a sapere che suo padre era Francesco Mosti (o forse Nasti), un nobile toscano
di Massa Carrara.
In anni addietro e prima della nascita di Franco,
la madre era stata sposata e dal marito aveva avuti altri figli. Il
consorte soffrì una grave forma tubercolare che, in pochi anni, attaccò
anche i bambini. Uno dopo l'altro, il marito e i figli, morirono e la
donna rimase sola. In seguito ad una relazione segreta, la donna ebbe
quest'unico figlio, che curò e amò con attenzioni speciali e grande
gelosia.
Frequentò la prima e la seconda classe elementare
a New York, proseguì poi gli studi in Italia. Fin dall'adolescenza manifestò
una chiara vocazione e disposizione alle arti. Nel 1915, all'età di
dodici anni, stupì gl'intenditori e la critica con un pregevole ritratto
dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe. Grazie a questo lavoro
venne poi ammesso all'Accademia di Belle Arti di Vienna, dove si diplomò
con profitto. Frequentò quindi l'Accademia di Venezia tra il '18 e il
'19, per poi recarsi l'anno successivo a Roma.
Nel 1921 arriva secondo al concorso per la Medaglia interalleata della vittoria alla pari con Publio Morbiducci e nel 1922 torna a Venezia per la sua prima mostra personale, con opere acquistate dal Comune
e dal Conte Volpi. Ristabilitosi a Trieste, nel 1923 organizzò con successo
la prima personale in quella città e, nello stesso anno, vinse il concorso
"De Ritmeyer", aggiudicandosi un contributo in danaro dal
Museo Civico Revoltella di Trieste, che gli permise un ulteriore perfezionamento
all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 1933 si trasferì a Milano
dove aprì un ampio studio in Via Manzoni.
Franco Asco aveva una figura fisica di bella
presenza: era alto, snello, stempiato, occhi chiari, viso con lineamenti
aristocratici. Nella persona era ordinato, vestiva con gusto e aveva
modi gentili e democratici.
Sembrava un attore. Nella conversazione era in
genere molto pacato, misurato, introverso. A volte si accendeva e rivelava,
in quelle rare occasioni, quelle insospettate aggressività che sono
tipiche delle persone timide.
La sua è stata una storia singolare, complessa.
Pur avendo qualche colpo di fortuna, fu sempre molto modesto, orgoglioso
e generoso. Per Asco la ricchezza era una manifestazione effimera, quasi
assurda: sperava sempre nella provvidenza e, qualche volta, curiosamente
finiva per ottenerla.
Oltre alla scultura amava moltissimo la musica
(suonava il violino) il cinema, il teatro di prosa e quello lirico.
Testimone di due guerre mondiali, tutta la sua vita è stata senza frivolezze,
una lenta continua macerazione sui dubbi e ripensamenti legati alle
forme e ai linguaggi dell'arte.
La figura predominante nel corso della sua esistenza,
fu quella di sua madre: una donna di forte carattere, a volte tiranna,
altre volte dolcissima e comprensiva. Asco l'amava moltissimo e la rispettava.
Nel 1935 la ritrasse, modellando la testa della donna con preziosità
plastiche e stilizzazioni estetiche, tuttavia uno dei suoi maggiori
capolavori è il "ritratto della madre" a figura intera,
con le mani abbandonate sul grembo, il corpo possente nei volumi, la
testa espressiva curata nei dettagli, con la bocca aperta nell'atto
di parlare. Questa scultura è del 1949.
Come scultore Asco era un tecnico straordinario,
padrone del mestiere.
Conosceva tutte le proprietà tecnologiche delle
materie (creta, terracotta, legno, metallo, marmo, gesso) che usava
con perizia e pertinenza. Come uomo era spesso tormentato e malinconico.
Inoltre non era mai pienamente soddisfatto del
suo lavoro, spesso distruggeva le sue sculture o le dimenticava nelle
gallerie d'arte, ai concorsi ai quali partecipava e, talvolta, in casa
d'amici. Questo curioso atteggiamento psicologico gli nasceva soprattutto
dal disprezzo verso il danaro e la proprietà delle cose, la sua era
una natura umile e francescana. Un'altra difficoltà gli nasceva dalle
commissioni dei lavori, poteva eseguirli solo nella sua assoluta libertà
di scelta estetica ed espressiva. La scultura la sentiva in grande e
questo problema delle dimensioni gli procurava notevoli complessità.
Le sue opere di piccolo formato sono il realtà dei bozzetti per delle
grandi realizzazioni, anche se lui le eseguiva con una meticolosità
e una perfezione assoluta. Se, per esempio, non avesse avuto questi
blocchi psicologici e si fosse adattato a fare delle minisculture, ne
avrebbe certamente vendute moltissime, ma non fu così.
A qualcuno potrà apparire pedante questo mio
punto di vista ma, in effetti, Asco era insofferente ai condizionamenti
che sono connessi alla creatività delle sculture e, nello stesso tempo,
scrupolosamente osservava le regole apprese nelle Accademie, nel rigido
clima mitteleuropeo. Inoltre, all'interno di questo discorso, aveva
una grande parte la figura della madre, con le sue paure e le sue ansie,
la difesa dell'unico figlio, tutto suo e d'ingegno così vivace. In una
lettera del 1930, scrivendo alla mamma, Asco diceva: "ti ricordi,
quando mi dicevi: quest'arte ti porterà sventura? E quando ti rendesti
conto che a nulla potevano valere le tue preghiere e i tuoi consigli,
ti adoperasti con tutte le tue forze per aiutarmi". Fin dalla più
tenera età Asco si sentì combattuto da sentimenti contrapposti e dal
bisogno insoddisfatto di fare delle scelte. Solo più tardi, con la maturità,
gli fu chiara una sintesi delle arti plastiche, incentrata sull'architettura
formale che doveva portarlo, a quella spazialità astratta, di cui abbiamo
già detto più sopra.
Molto lo aiutò la moglie Gin, la sua tenera compagna,
una donna bellissima, ricca d'istinto, innamorata e comprensiva, dolcissima
e piena di vita.
Come tutti gli accadimenti strettamente connessi
alla persona di Asco, anche il loro accoppiamento iniziò per avventura
e per vertiginosa passione, ma in breve divenne un legame profondissimo
e radicato. Gin era stata una cantante lirica di grandi qualità vocali
e dl sicuro successo. Il suo temperamento era vivace, estroversa e simpatica.
Aveva doti e presenza che la rendevano gradita e ammirata. Asco era
geloso e, come tutti gli artisti, possessivo. Gin finì con il dedicarsi
interamente al marito e la sua costante e vigilante presenza ha molto
aiutato lo scultore. Gin era il suo unico tramite con il mondo e la
realtà, la confidente segreta, il baluardo e la ragione di vivere. Come
tutti i veri tesori il suo apporto è stato grande e, nel contempo impercettibile
a coloro che guardano le cose con occhi opachi Gin è stata la parte
poetica di ogni cosa sofferta e intimamente sentita da Asco. E' presente
in tante opere dello scultore e in quel ritratto di marmo "Testa
di fanciulla", del 1965, che sembra un grande cammeo. Per coloro
che sanno vedere, Gin è presente nel "Sogno di maternità",
un bronzo del 1951, che è certamente il capolavoro più altamente poetico
di Asco e anche in quell'altro bronzo stilizzatissimo che s'intitola
"Anelito di maternità" del 1967.
La mancanza di propri figli fu un cruccio, specialmente
sofferto da Gin, tuttavia la loro solitudine li tenne maggiormente uniti
tra loro.
Anche se nella biografia l'inventario delle mostre
è certamente incompleto, in quanto l'artista ha lasciato pochi documenti
sulla sua attività, Asco ripropose in più occasioni al pubblico, i risultati
del suo lavoro in una serie di esposizioni. Tuttavia le sue mostre non
avevano continuità e certi lunghi silenzi erano occupati da crisi, oppure
da importanti commissioni per lavori monumentali d'impegno.
A tutt'oggi molte sono le opere di Asco disperse
nelle collezioni private, presso Enti pubblici e musei, di cui noi non
abbiamo notizia. In questa prima occasione ci sia consentito di rivolgere
un appello a tutti i possessori di opere dello scultore scomparso, pregandoli
di aprire un contatto con la moglie, signora Gin Asco, e di documentarla.
Sarà bene osservare che Asco fu anche un ottimo
disegnatore, tuttavia le sue sculture amava farle direttamente usando
materiali plastici. Difficilmente faceva studi preparatori. La maggior
parte dei suoi disegni sono dunque opere compiute in se stesse, non
traducibili in altre tecniche. Si osservino quei carboncini su carta
da disegno, del novembre 1969, belli, raffinati e completi.
Con i critici suoi contemporanei Asco ebbe scarsi
rapporti a causa del suo carattere orgoglioso, distaccato, timido e
riservato. Oltre con l'autore della presente nota, Asco fu buon amico
di Enrico Somarè e di Antonio Morassi, ai quali fece i ritratti. Leonardo
Borgese, nel gennaio 1951, gli scrisse una lettera dalla quale riportiamo
questo brano rivelatore: "Come lei sa, noi ci conosciamo ormai
da molti anni (non siamo, ahimè, più giovanetti), siamo coinquilini,
ci incontriamo quasi ogni giorno, eppure la nostra conoscenza, fra noi
due, è avvenuta si può dire, in questi ultimi mesi: dal 1950 al 1951.
Siamo tutti e due dei tormentati, degli ansiosi e dei timidi. E c'è
voluta la sua mostra, anzi le sue mostre ci sono volute, perché la conoscenza
diventasse intima e lei svelasse il suo animo a me e io il mio a lei.
" e poi più avanti, gli diceva: "Lei mi ha commosso con la
sua sincerità, il suo calore, il suo entusiasmo, col suo desiderio di
sentirsi vivo come artista e di farsi sentire."
A parte qualche rara e preziosa amicizia, Asco
fu un isolato. Gli stralci critici dedicati alle sue opere furono davvero
pochi, specialmente per un artista che aveva dedicato una vita intera
alla scultura. Solo una trentina di persone, tra critici d'arte e giornalisti,
hanno dedicato la loro attenzione alle sculture di Asco e questo è stato
davvero molto poco. Rare volte una carriera d'artista si è conclusa
in un finale così onesto e intransigente. Tuttavia e lo diciamo con
velata amarezza, su tanto lavoro sudato e faticato, giorno dopo giorno,
risposero molti silenzi.
Franco Asco è morto a Milano, il 27 marzo 1970,
la mattina di un venerdì santo, colpito da un male incurabile e inesorabile.
FRANCO PASSONI (con aggiornamenti
e correzioni del webmaster) - Agosto 1979
Sono innumerevoli le opere di Franco Asco che
fanno parte di collezioni pubbliche e private:
Il ritratto di Jia Ruskaja e il ritratto
della madre dell'artista sono presenti alla Galleria Civica d'Arte
Moderna e alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano; una sua testa di
donna è al Museo Revoltella di Trieste assieme ad altre opere solo
di recente ritrovate.
Una pregevole statua di San Francesco
adorna una guglia del Duomo di Milano, sua è la Madonna della Colonna
Mariana di P.zza Garibaldi a Trieste.
Tra le numerose opere di alta decorazione, segnaliamo
inoltre: il fregio sulla storia della danza al Cinema Ariston, disegni
su vetro e pannelli al Cinema Metro-Astra, bassorilievi nei cinema Colosseo
e Corso, il grande mosaico rappresentante gli sport sul frontone del
Palazzetto Lido Sport, tutti a Milano, ma purtroppo in buona parte distrutti.
Ancora la facciata del Collegio degli Angeli a Treviglio, i bassorilievi
alla Stazione Marittima di Trieste (1927/28) e, sempre in questa città,
i 12 Apostoli alla Chiesa del Gesù Divino Operaio, le due figure sulla
facciata dell'Idroscalo, costruito nel 1930 su progetto di Riccardo
Pollack e oggi trasformato in Capitaneria di Porto, le tre statue di
giuristi romani sul Palazzo di Giustizia.
Varie opere astratte, anche di grandi dimensioni,
sono al Museo Pagani di Castellanza.
Al Cimitero Monumentale di Milano ci sono oltre
20 monumenti funerari, tra i quali ricordiamo in particolare le tombe
Borrani (una splendida deposizione), Fornasari, Grassi, Werner Parenzo,
la stele Cappellini e le cappelle Canto e Viola. Altri monumenti funerari
sono presenti a Trieste, come nel Cimitero di S.Anna, dove segnaliamo
in particolare le cappelle Tyrichter, Brunelli e DeRosa, un grande Cristo
alla tomba Mosconi, il Navigatore della tomba Passalacqua, l'enigma
della vita e della morte della tomba Grego e due struggenti fanciulle
sulle tombe Crismani e Ceretti.
Ricordiamo infine le collezioni: De Angeli Frua,
Bassetti, Borletti, Bernini, Visconti, Sgarbi, Anthony Quinn etc.
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